Il vestito che indosso è la mia maglia

Tendiamo a vedere l'adulto precocemente dimenticandoci che dietro l'aspetto cresciuto si nasconde ancora il bambino che faceva minivolley, quella stesso bambino per il quale non erano importanti formazioni, schemi e ruoli da rispettare ma soltanto una palla che rotola e un posto dove trovare altri bambini con i quali condividere un gioco.

Il tuo vestito più bello non è quello che hai pagato di più ma quello che ti fa sentire a tuo agio.
Il vestito più bello di un’atleta non è quello sgargiante fatto di pantaloni attillati e lustrini luccicanti che va mettendosi alla festa di natale, bensì quello di entusiasmo che prova mettendosi per la prima molta quella nuova maglia da gioco.

Tendiamo a vedere l’adulto precocemente dimenticandoci che dietro l’aspetto cresciuto si nasconde ancora il bambino che faceva minivolley, quella stesso bambino per il quale non erano importanti formazioni, schemi e ruoli da rispettare ma soltanto una palla che rotola e un posto dove trovare altri bambini con i quali condividere un gioco.

Gioco che piano piano non rimane più “soltanto” un gioco. Con le prime partite diventa per loro la prima forma di confronto con l’avversario che sarà quello di sempre: “se stessi”. E’ li che imparano che nella vita esistono vittorie e sconfitte e che non sono esattamente la stessa cosa. Questi bambini trovano la grande occasione di imparare il significato di: squadra, cooperazione, ambizione, fallimento, successo, ecc.. in un ambiente protetto e a loro famigliare, che in realtà però filtra la vera portata del concetto che si insidia alle loro spalle.

Il bambino poi cresce e diventa atleta, una evoluzione che nello sport avviene precocemente; poiché il talento sportivo non è per sempre, ma è soggetto a quelle che sono le fasi sensibili della crescita fisiologica e cognitiva. Il mondo intorno all’atleta cambia, nascono le aspettative il concetto di vittoria e sconfitta si trasferisce da astratto ad estremamente individuale, nasce la rivalità con chi prima di quel momento era l’ amica di tanti giochi, ma quel che più conta è che nasce quello che poi diventerà l’indole della persona.

Un nemico è alle porte in questo momento della crescita: l’ambizione. Trovo che nel processo di sviluppo dell’atleta questa sia la fase più importante. Come viene trasferita è l’aspetto più importante; l’ambizione è un nemico che va trattato con rispetto e somministrato a piccole dosi e soprattutto non deve rispecchiarsi in quella dell’adulto. In questo momento il rischio più grande risiede non tanto nell’atleta ma nelle agenzie educative che gravitano intorno al bambino che vomitano su di lui ansie, aspettative, paure, eccessiva protezione.

In questa fase delicata, che ha riscontro nell’adolescenza, si insegna loro ad essere responsabili delle scelte che compiono, a rispettare regole, a vivere l’allenamento come un momento di miglioramento di se stessi, si insegna che si vince tutti insieme … ma che non è vero che si perde tutti insieme, si insegna a prendersi delle responsabilità e a pagarne le conseguenze. L’esperienza sportiva, se vissuta pienamente e liberamente, donerà loro esperienze irripetibili e grandi lezioni di vita. Lo sport avrà la straordinaria capacita di dare loro anche le lezioni più dure, tra le quali la più importante trovo che sia, che nonostante l’impegno, il sudore e la tenacia a volte si perde ugualmente un punto, un set, una partita .. una maglia da titolare.

Trovo che sia straordinaria la capacità che ha lo sport di sintetizzare quello che accade nella vita degli adulti.

La fatica è il mezzo con il quale si ottengono le vittorie più grandi. Le vittorie non sono esclusivamente quelle sportive.
Il bambino cresce e diventa ragazzo, l’atleta cresce e diventa evoluto. In questa fase il ragazzo capisce la propria dimensione di atleta, sogna più in grande o fa a pugni con i suoi limiti. E’ l’età dell’abbandono o del successo, vincono sconforto ed esaltazione, tutto è bianco o nero, e sinceramente è complesso trovare la persona dietro questa gigantesca nuvola di fumo.
Penso che questa sia la fase nella quale lo sport insegna la sua lezione più profonda: non tutti possono diventare campioni, ma questo non vuol dire che non ci sia un posto per tutti, bisogna solo accettarsi e scegliere il vestito che meglio calza addosso a se stessi.

Ma il bambino che giocava con la palla dove è finito?
Il bambino è cresciuto, purtroppo non si rimane bambini per sempre. Però, ho avuto ancora una volta la dimostrazione che dentro rimane sempre un po di quel bambino, che si è ancora capaci di essere felici, che ci si sente parte di qualcosa, che quando i ragazzi sono spontanei e se stessi trovano la strada per dimostrarti che infondo non è del tutto sbagliato quello che pensi.

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